Perché dovresti stampare le tue fotografie in camera oscura

Abruzzo - Campo Imperatore - Stampa 18x24 su carta baritata Ilford Multigrade IV - 2019

Nel 2020, da una stima fatta (nel 2019) dal sito Focus.mylio in collaborazione con Keypointintelligence, si scatteranno 1.4 trilioni di foto, diciamo 1,436,300,000,000 fotografie con cellulari, tablet e macchine fotografiche digitali. Nel 2020, da un report annuale della Global Digital Overview, nel mondo ci sono attivi 5.19 miliardi di cellulari (su una popolazione di 7.17 miliardi di individui).

Ed ecco la prima riflessione: Che valore ha la fotografia che ho scattato con il mio smartphone al puro scopo di condividere un momento o un’informazione con qualcuno?

Schermi di Pc e smartphone con colori innaturali

Ieri pomeriggio ero in cucina e la mia compagna stava sfornando dei biscotti, ho preso il cellulare e, dopo aver trovato l’inquadratura migliore, ho fatto la foto dei biscotti, le ho inviato subito la foto, e lei a sua volta l’ha girata a sua madre per mostrarle il risultato della ricetta.

Che valore ha la fotografia che ho messo pochi minuti fa su Instagram o magari ho appena inviato nel gruppo Whatsapp degli amici? Non parlo del valore personale rispetto a quel gesto, ma proviamo a fermarci per un minuto a riflettere onestamente in merito alla qualità dello scatto, il valore reale di queste fotografie. Ed ecco la mia risposta, molto spesso, il valore è pochissimo, quasi nullo.

Come mai? dirà qualcuno, era un ricordo! Può darsi, è vero, ma ugualmente non avremo nessun rimorso nel cancellarla per sempre appena avremo bisogno di “liberare la memoria” perché quelle foto spesso non hanno molto valore per noi stessi che le abbiamo scattate.

Fare questi scatti con lo smartphone non ci costa il ben che minino PENSIERO, nessuna FATICA, nessuna RIFLESSIONE, e soprattutto, nessuna vera ESPERIENZA. Forse è anche peggio di così, perché lo scopo che abbiamo nel fare foto dei cibi che mangiamo, del tramonto che abbiamo davanti o della nostra faccia sorridente, nel 99% dei casi, è solo uno: CONDIVIDERE un’immagine il più velocemente possibile e avere una reazione, una risposta. Non dico proprio sempre, non voglio essere provocatorio, anche io mando foto del pane appena sfornato a mia madre qualche volta, ma so benissimo che quella foto è poco più di niente e vale solo in quel momento. Niente di più che mucchi di pixel colorati che si disperderanno nei meandri della memoria del mio telefonino e finiranno, due o tre anni dopo, sicuramente persi o letteralmente distrutti dall’avvento di un nuovo cellulare.

Ricapitolando quindi abbiamo detto che, le fotografie fatte col cellulare non richiedono:

  • riflessioni

  • osservazione

  • attesa

  • esperienza

  • motivazione se non quella di condividere, innescare una reazione o promuovere un’interazione

Se state pensando che sto esagerando vi capisco, ma se volete, fatemi arrivare alla fine dell’articolo ne tireremo insieme le somme.

Facciamo ora un altro esempio.

Prendo in mano la scatola di un rullino 35mm bianco e nero nuovo di zecca. Costa 7 euro e pesa esattamente 33 grammi. Sembra poco ma il peso esiste, ed è reale. Lo apro e carico con cura la pellicola nella mia Leica M6, una macchina fotografica che è un gioiello di meccanica e ottiche.

Lei pesa, con la lente 35mm Summicron che ho su, circa 350 grammi, decisamente più della pellicola. Schiaccio l’otturatore e faccio girare con il pollice destro la leva di riavvolgimento della pellicola, eseguo tre volte questa identica sequenza fino a leggere 0 sul mio conta pose. Ci siamo, da questo momento ne ho 36, di pose. Esattamente significa che ho 36 fotografia a disposizione prima che finisca il rullo.

Presto attenzione e valuto. Ogni scatto è un piacere e sei perfettamente consapevole che stai scattando, che stai utilizzando materialmente parte di un rullino e anche quanti scatti ti rimangono prima di comprarne un altro. Insomma, per ogni scatto ti domandi se è davvero il momento o è meglio aspettare la luce giusta o aspettare che il nostro occhio semplicemente colga qualcosa che vale la pena di essere impresso.

La risposta a queste domande la puoi immaginare, e arriva appena hai di fronte il tuo negativo sviluppato. E’ denso, delicato, quasi magico. Magari c’è un frame che funziona, li guardi uno a uno, e lo farai probabilmente molto tempo dopo il momento in cui hai premuto quell’otturatore, e potrebbe capitare di esserne meravigliato. Più tempo passa, più forte è l’emozione.

Arriverà il giorno in cui saprai con certezza che scattare fotografie con l’analogico ti cambia la vita in meglio. Fai meno foto, ma migliori. Molto migliori. Ti viene voglia di approfondire, di studiare, impari a sviluppare i tuoi negativi per conto tuo, e soprattutto, ti starà stretto stare davanti a un PC a scansionare, perché dopo tutto, oramai la cosa più importante è la consistenza del tempo, la qualità della luce, la consapevolezza dell’attesa, la densità che hanno i neri o l’apertura delle ombre.

La prima volta che accenderai la lampadina rossa in camera oscura, che sia nella tua cantina, o da qualsiasi altra parte, starai facendo qualcosa che richiederà esperienza, analisi, e ancora una volta, tempo.

Quando la prima immagine apparirà sul foglio nella bacinella sarà già troppo tardi per tornare indietro, avrai chiaro che la quantità di argento che si tramuta in nero non lo fa a tua insaputa, ma sei proprio tu, con le tue mani, con la tua pazienza, con i tuoi soldi (ben) spesi in carta, a determinare il dove e il come l’immagine affiorerà. Sei tu a interpretare la tua fotografia e a realizzare una stampa che sarà, bella o brutta che sia, qualcosa di veramente unico. E se fatta bene, quella stampa dura anche un centinaio di anni. Non sarà facilmente abbandonata al suo destino.

Il grandissimo Ansel Adams diceva che “Il negativo è la partitura, e la stampa la sua esecuzione”.

Non importa il quanto, per me importa assolutamente il come. Lasciamo le foto dei cellulari e delle reflex digitali a chi rincorre pixel come se fossero granelli d’oro. I pixel, mega che siano, sono e rimarranno invenzioni prive di qualsiasi vera analogia con la realtà. La tecnologia della pellicola, proprio oggi viene scelta e mantenuta da chi sceglie la qualità alla quantità. Da Tarantino a Spielberg, ancora oggi, soprattutto oggi, usano le pellicole per girare i loro capolavori. Noi abbiamo la fortuna di creare, nel nostro piccolo, i nostri piccoli capolavori. Farlo, ci aiuta a rendere il nostro mondo un po’ più umano.

Se sei arrivato a leggere fino in fondo spero tu ti sia fatto un’idea del perché, secondo il sottoscritto, dovresti iniziare a stampare in camera oscura. Scrivimi quello che pensi, sono certo che puoi dare il tuo contributo a questo argomento.

Una nota storica: La Ilford è una delle fabbriche chimiche che producono, in Inghilterra, pellicole fotografiche fin dal 1878, la Kodak fu fondata esattamente 10 anni dopo, nel 1888. Tutte e due stanno aumentando moltissimo la loro produzione, la fotografia analogica è la scelta di milioni di amatori e professionisti in tutto il mondo ancora oggi.

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Perché scattare in analogico fa (anche) bene alla salute