Le donne che hanno rivoluzionato la fotografia - Prima Parte

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    Osservare una dopo l’altra le immagini e le storie delle più grandi fotografe dell’ultimo secolo è un’esperienza davvero incredibile. Nel viaggio che stiamo per compiere, ci troveremo di fronte a prodigi di creatività, sensibilità e coraggio, ma soprattutto a una straordinaria capacità di mettersi in relazione con l’altro, che sia questa una persona timorosa, o la personalità più spaventosa.

    Questa dote innata ha consentito loro di aprire le porte dell’animo umano, restituendoci, con fotografie vivide, le abitudini, i comportamenti e le storie di migliaia di persone con cui, ancora oggi, ci rispecchiamo.

    Pioniere, rivoluzionarie, caparbie, hanno saputo sempre sfidare le convenzioni del loro tempo, inventandosi spesso un mestiere, un linguaggio, una competenza specifica mai esistita prima, per portare così all’attenzione del mondo intero, e di quello femminile dal quale appartenevano, i loro messaggi anticonformisti e di modernità.

    Julia Margaret Cameron 1815-1879

    Figlia di un ufficiale inglese e di aristocratici francesi, nata a Calcutta, fu la prima fotografa della storia.

    I suoi ritratti “leggermente sfocati” e bucolici, sono ancora oggi un’indelebile rappresentazione del pittorialismo in fotografia. Ritrattista, grande viaggiatrice, componeva con cura ritratti raffiguranti persone (i più celebri Charles Darwin e Virginia Wolf) o vere e proprie raffigurazioni tratte da poesie ed opere letterarie.

    In una sua lettera del 1864 allo scienziato John Herschel scriveva «[…] La mia aspirazione è di nobilitare la fotografia e di assicurarle il carattere e le qualità di una grande arte combinando insieme il reale e l’ideale e nulla sacrificando della verità pur con tutta la possibile devozione alla poesia e alla bellezza».

    Il suo incredibile lavoro ne testimonia la riuscita.

    Libri consigliati:

     

    Virginia Oldoini 1837 - 1899

    Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria Oldoini, nota come Contessa di Castiglione, imparentata con Camillo Benso Conte di Cavour, fu in un certo senso una vera e propria influencer. La sua ecletticità fu impareggiabile quasi quanto le immagini dei suoi autoritratti, più di 450, realizzati insieme al fotografo francese Pierre-Louis Pierson. Di lei si innamorarono imperatori, re e si dice, perfino Napoleone.

     

    Gertrude Käsebier 1852 - 1934

    Con tre figli e un marito la cui relazione fu mantenuta solo alle apparenze, iniziò il suo apprendimento nella fotografia a ben 37 anni, un età in cui la maggioranza delle nobildonne del tempo erano già in una condizione di stabilità sociale. Studiò in Germania e in Francia e, tornata a Brooklin, nel 1895 aprì il suo studio fotografico. Conosciuta per i suoi ritratti di maternità, di artisti, e dei Siux, la Käsebier si concentrò sugli aspetti umani e spirituali più che sulle apparenze ornamentali delle fotografie dell’epoca.

     

    Dorothea Lange 1859 - 1965

    La prima vera esponente femminile della straight photography, ossia una fotografia “pura”, senza ritocchi e orientata al giornalismo, cioè ben lontana dai predecessori della fotografia pittorialista. Dai suoi lavori di reportage intorno a San Francisco, dove abitava e aveva il suo studio fotografico, venne presto notata dalla Farm Security Administration, che le commisionò un reportage sulla Dust Bowl, la tempesta di sabbia che distrusse, in America oltre quattro milioni di metri quadrati di terreni agricoli. Divenne ben presto nota in tutto il paese, e la sua immagine della madre immigrata fece il giro del mondo. Partecipò a fondare la celebre agenzia fotogiornalistica Magnum e la rivista di fotografia Aperture.

     

    Imogen Cunningham 1883 - 1976

    Inizia a fotografare fin da ragazza, ma sarà all’università che, per pagarsi gli studi, incomincia a scattare fotografie nel reparto di botanica. Suo padre le costruisce una camera oscura nella legnaia, e, nel 1907 si laurea in chimica con la tesi Modern Processes of Photography.

    Vince una borsa di studio in chimica a Dresda dove pubblica uno studio tecnico sul procedimento per incrementare la velocità e la luminosità in camera oscura. Tornata a Brooklyn apre il suo studio e dedica ben due anni allo studio del fiore della Magnolia. Durante la sua attività di fotografa tra New York e la Germania incontra Martha Grahm, che ritrae. Inizia così la sua collaborazione con Vanity Fair, con la quale lavorerà a lungo.

     

    Tina Modotti 1896 - 1942

    Attrice, rivoluzionaria, attrice, fotografa, nata in una famiglia assai povera, si avvicina alla fotografia grazie allo zio fotografo. Lascia presto il suo lavoro da operaia presso la Fabbrica Premiata Velluti, Damaschi e Seterie Domenico Raiser, che lascerà presto per raggiungere il padre in America.

    Si sposa con il pittore Roubaix de l'Abrie Richeyper e si trasferiscono a Los Angeles per intraprendere la carriera di attori. Conobbe, grazie a suo marito, il grande Edward Weston, del quale inizia a posare inizialmente come modella, divenendone presto l’amante. Da questa relazione iniziarà la seconda parte della sua vita, dedicata alla fotografia e al prolifico e tumultuoso periodo messicano.

     

    Berenice Abbott 1898 - 1991

    Nata in America, cresciuta da una madre single, intraprende gli studi dell’arte e della scultura. Trascorre due anni in Europa, ma è a Parigi che, su consiglio di Djuna Barnes, cambia la pronuncia francese del suo nome in Berenice.

    Sempre a Parigi, diventa assistente di Man Ray, e, da perfetta neofita diventa presto la sua allieva prediletta, apre uno studio e si specializza in ritratti di persone del mondo artistico e letterario, da Jean Cocteau a James Joyce e persone di passaggio in città.

    Grande ammiratrice delle opere di Eugene Atget, lo ritrasse poco tempo prima che morisse. Di ritorno a New York, con la sua compagna, la critica d'arte Elizabeth McCausland, Berenice si concentra sui grandi cambiamenti in atto nella città, fotografando, con una camera grande formato, impareggiabili vedute di New York (libro Changing New York).

     

    Margaret Bourke - White 1904 -1971

    La prima donna a documentare le guerre, dalla seconda guerra mondiale alla Corea e alla guerra tra l’India e il Pakistan. L’unica donna a fotografare l’industria sovietica. Un’icona della fotografia mondiale, dalla sua copertina della prima rivista di Life Magazine, alle fotografie dei grandi della storia, fu la fotografa ufficiale di Gandhi, riprese per prima gli orrori dei campi di concentramento.

    Fotografa industriale e d’arte, Margaret Bourke-White fu un eroina che cambiò per sempre la storia del fotogiornalismo nel mondo. Si spense dopo vent’anni di lotta con l’Alzheimer.

     

    Toni Frissel 1907 - 1988

    Approdata alla fotografia dopo la morte del fratello documentarista, inizia la sua carriera al fianco di molti fotografi, tra i quali Edward Steichen.

    Nel 1931 iniziò a lavorare per Vougue e in seguito per Harper's Bazaar. Durante la guerra si offrì volontaria presso la Croce Rossa, per divenirne in seguito fotografa ufficiale. Negli anni ‘50 fotografò tra gli altri personalità della politica come Winston Churchill, Eleanor Roosevelt, John F. e Jacqueline Kennedy; Lavorò per Harper’s Bazar e Life.

     

    Gerda Taro 1910 - 1937

    Di origine ebraico-polacche, Gerta Pohorylle, conosciuta in seguito come Gerda Taro, si distinse, fin dalla giovane età, per il suo carattere forte e allegro. Interessatasi fin da ragazzina alle cause socialiste e proletarie. Iscritta al partito socialista tedesco, con l’arrivo del nazismo in Germania finisce in carcere, ma riesce, grazie al suo passaporto polacco, a fuggire a Parigi.

    La capacità di parlare diverse lingue la porta a lavorare come dattilografa e segretaria, ma fu grazie alla conoscenza di Endre Friedman, un fotografo ungherese e come lei ebreo, comunista e antifascista, che la sua vita cambierà per sempre.

    Impara a fotografare e insieme inventano il personaggio “Robert Capa”, un fantomatico fotoreporter americano arrivato a Parigi per lavorare in Europa.

    Con questo pseudonimo, i due seguono sul campo la guerra civile spagnola, ottenendo un grande successo. Durante la battaglia di Brunete, Gerda realizzò il suo più importante reportage, e sarà purtroppo l’ultimo.

    Al ritorno da Brunete, morì sotto il fuoco dei tedeschi, sbalzata sotto un carro armato. Un anno dopo Endre Friedman, ovvero Robert Capa, pubblicherà il libro testamento di Gerda Taro “Death in the Making”.

     

    Diane Arbus 1923-1971

    Diane fin da bambina esprime i suoi talenti per le arti visive, frequentando prima la Ethical Culture School di New York, e in seguito la Fieldstone School, approfondendo la pittura e il disegno. La sua infanzia è un’infanzia che la tiene quindi lontana dal degrado e dalla brutalità della città.

    Appena raggiunta la maggiore età si sposa con Allan Arbus, un ragazzo più grande di lei con il quale condivide la passione per la fotografia e le arti e con il quale fonderà lo studio “Diane e Allan Arbus”. In questo studio Diane fa la stylist, e Allan le fotografie, ma ben presto il mondo patinato delle riviste e dei canoni della moda non fa per lei, crea da sola i set e le fotografie, spingendosi sempre più verso un suo stile personale.

    La rivista “Esquire” le chiede di fotografare New York in sei fotografie, inizia così la sua ricerca delle personalità e del mondo della cultura alternativa, sotterraneo, diverso. Le sue amicizie nel mondo della fotografia sono moltissime, come le sue influenze, che la spingono ad usare un linguaggio sempre più estremo, nella sua ricerca di normalità nella diversità.

    Continuerà a fotografare per riviste, musei, gallerie e progetti personali fino al 26 giugno del 1972. Il suo intero archivio fotografico è conservato presso il Metropolitan Museum di New York.

     

    Inge Morath 1923-2002

    Nata come scrittrice e redattrice, lavorò al fianco di fotografi del calibro di Cartier Bresson e Hernest Hass, ed entrò a far parte di Magnum, come prima donna fotografa dell’agenzia, nel 1993 e nel 1995 come membro effettivo.

    La sua capacità di scrivere e di fotografare la portò a collaborare con moltissime testate, da Life a Paris Match. Sposata con lo scrittore Arthur Miller, l’agenzia Magnum la ricorda scrivendo:

    “Morath era a suo agio ovunque. Alcuni dei suoi lavori più importanti sono i ritratti, ma anche i passanti e le celebrità. Era anche esperta nella fotografia di luoghi: le sue foto della casa di Boris Pasternak, della biblioteca di Pushkin, della casa di Cechov, della camera da letto di Mao Zedong, degli studi degli artisti e dei monumenti commemorativi del cimitero sono permeati dello spirito delle persone invisibili ancora presenti. Inge Morath è morta a New York City il 30 gennaio 2002.

    Vai alla seconda parte dell’articolo dedicato alle Donne che hanno rivoluzionato la Fotografia.

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